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Attesa
Hobby
Dove
Madrigale
Invenzione a due (G.B.
Zotti e F. Rampichini)
NOTE DI COPERTINA DI MARCELLO ABBADO L’ascolto
del primo cd con le composizioni di Giovanni
Battista Zotti per me era stata una sofferenza fisica. Quelle musiche,
le ultime di Zotti, mi rivelavano il terribile stato d’animo di un
compositore
che attraverso la propria musica gridava il suo dramma umano. So che
non
tutti hanno riconosciuto nella musica di Zotti il riverbero del dramma
che io ho sentito in modo evidente e terrificante.
Le composizioni di questo secondo Cd appartengono a un periodo precedente della vita di Zotti. La caratteristica dominante di composizioni come “Attesa” e “Omaggio a…” è la costruzione di un mondo sonoro siderale. Quei suoni non appartengono al normale mondo terrestre, ma sono i suoni di un mondo superiore: non tanto per il significato dei valori, quanto per l’ordine fisico dei suoni, delle risonanze, degli echi. Non è il mondo drammatico dell’ultimo Zotti, ma è un mondo in cui Zotti si rifugia. Sembra quasi che Zotti si lasci cullare in un liquido amniotico. La sua “Attesa” è una specie di limbo. Zotti ci si culla dentro. Sembra sereno, in realtà se ne sta come protetto da sonorità che gli appartengono, perché se le è costruite con il suo pensiero. Sicuramente fra queste composizioni “Omaggio a…” è la più importante, non solo per la lunghezza (quasi 27 minuti contro i 5 minuti di “Attesa”), ma soprattutto per l’impegno massimo del compositore. L’omaggio è rivolto a Beethoven: è sufficiente un sintetico inciso per esserne sicuri. L’amore di G. Battista Zotti per Beethoven è dimostrato dal fatto che Zotti colloca Beethoven nel mondo astrale. L’inciso beethoveniano non viene mai contaminato, ma rimane sempre inamovibile, come una roccia in un mare di suoni. Anche la costruzione classica della composizione, con una ripresa e una coda, è un segno di devozione a Beethoven. L’autenticità dei sentimenti di Zotti è data dalla estrema discrezione nel non toccare il linguaggio beethoveniano: quell’intervallo di ottava è intoccabile. Di segno esattamente opposto è “Madrigale”. Al primo ascolto è una orribile e banale composizione polifonica eseguita su una tastiera elettronica. Ma immediatamente ci si domanda: “perché?”. Perché Zotti ha composta una musica così inutile, volgare, insopportabilmente stupida? Credo che la chiave di lettura di questo “Madrigale” sia uno sprezzo totale che Zotti aveva per tutto ciò che era rappresentato dalla burocrazia, dalle regole, dall’immobilismo, dalle imposizioni ufficiali. L’autocontrollo di Zotti gli permetteva di sopportare il mondo terreno con i perbenismi e le finzioni. Non so quale sia stato il motivo scatenante che ha spronato Zotti a comporre “Madrigale”. Ma sicuramente “Madrigale” è un pezzo in cui si trovano riunite la burocrazia musicale, le vuote regole scolastiche, l’immobilismo conservatoriale, le imposizioni secolari. Zotti con odio sopraffino snocciola una serie di banalità. Il “Madrigale” è servito. Naturalmente il vero mondo musicale di Zotti è un altro: è quello racchiuso tra “Attesa” e “Omaggio a…”. A chi mi domanderà ancora perché io abbia scritto le mie riflessioni sulla musica di Giovanni Battista Zotti (è noto che io non scrivo mai nulla sulla musica di altri compositori: ma questo è un altro discorso), risponderò: perché ho conosciuto Giovanni Battista Zotti e di lui avevo capito solo ciò che lui voleva si capisse. Invece attraverso la sua musica ho capito tante cose sue: intime e profonde. Giovanni Battista Zotti - nota biografica
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