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.1.   I n i z i
Il "mondo dei suoni", la radiazione acustica nella quale siamo perennemente immersi, è l'ambito che ho sempre sentito più prossimo alle mie doti sensoriali ed espressive. Cercai istintivamente, affrontate le prime difficoltà sullo strumento, la via dell'invenzione. Mi fu subito chiara la distinzione tra il momento dell'esecuzione e quello della creazione: il secondo era per me infinitamente più interessante, intimo e profondo.

.2.   F o r m a z i o n e
Si è fondata particolarmente sull’ascolto interiore, in un rapporto con la pratica e l'apprendimento nel quale dimensione storica, genealogia e tecnica, dovevano servire le rotte della percezione. Esperite le differenti forme delle musiche popolari ed extraeuropee, la tradizione classica occidentale - fino agli stili e alle tecnologie più avanzate del mio tempo - è stata il faro della mia evoluzione. Durante gli studi riscoprivo continuamente che il nucleo delle mie possibilità espressive risiedeva proprio nelle conquiste istintive, senza le quali nessuna regola assumeva significato. Le prime erano lo strumento necessario per vigilare criticamente e giudicare assunti e validità delle seconde, in ciò sostenuto dalla presunzione necessaria all’arte di incorporare la sorgente, l’ur-stoßen (spinta originale).

.3.   P r a s s i
La composizione è una mappa mentale che chiede al territorio di aderirvi, in un processo di trasformazione isomorfa del pensiero. Essa origina a volte dal gesto, o movimento, cercando in forma libera e associativa la cristallizzazione di un’espressione di natura somatocentrica. Il musicista è lo strumento che attraverso il suono ricompone l’uomo.

.4.   D e s t i n o
È stato sin qui un viaggio straordinario. L'urgenza e lo stupore di esprimere il silenzio sono potenti oggi come quando sono partito. Ho cercato di far sì che il piano puramente fisico dell’esperienza avesse risonanze tanto nell’interiorità quanto nella realtà che mi circonda, per avvertire realmente il soffio della vita, che ho cercato di respirare pienamente e profondamente.
Procedo scrutando il secondo confine, nella luce incessante dell'amico della mia giovinezza, Giovanni Battista Zotti, che ancora esorta a non temere di essere ciò che si è. Né il divenire.

Francesco Rampichini
Milano, agosto 2010

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